Assistere alla Scala all’ultima opera di Salvatore Sciarrino è stato un puro piacere e una gioia per l’anima. Sul palcoscenico è un continuo movimento di protagonisti e comprimari, musicanti e comparse in costumi variopinti.
Mentre aspettano l’arrivo di Alessandro Stradella, grande e avventuroso musicista del Seicento, si fanno le prove di una sua cantata, tra bisticci popolani e discussioni accese tra intellettuali.
Su tutto emerge la figura della Cantatrice, voce leggera ma sinuosa e intrigante, che lega ogni azione scenica e dialoga col coro. Un esempio dal libretto – anch’esso di Sciarrino – che sembra alludere all’Ulisse dantesco:
Coro
La prua della nave frange il presente, chi salta
esce dal tempo, fuori: un tuffo…
Cantatrice
Un tuffo, e l’inafferrabile viene afferrato.
Coro
Fu scritto: la musica è la più antica, solo il moto
della luna la precede.
Cantatrice
Qualcosa risuona, nell’angolo della nostra solitudine
spunta un’isola.
Coro
L’isola delle voci.
Cantatrice
Pericolo forse di morte.
Ma quel che più affascina è la musica di Stradella, brani delle sue Cantate incorporate e trasformate nella musica di Sciarrino. Qui possiamo riportarne solo le parole:
È si bello il foco mio
ch’è dover ch’ognun lo miri
e se dir non lo poss’io
voi scopritelo sospiri.
Chi l’accese è a me sì caro
ch’in tacerlo morirei
e se appieno io nol dichiaro
voi svelatelo occhi miei.
Udite, udite amanti
un prodigio novello!
Nasce da un tradimento
amor più bello.
Pochi giri di sole
restano a me di vita
se vita si può dire
il pensare a patire
anzi a morire.
Chiudo con una citazione sulla musica:
La musica incontra il corpo. Tocca
e accarezza. Brividi, penetra.
Sconvolge cuore e respiro.
[L.A.]