L’Angelo Magni

Per un milanes arios come sono io, arrivato in città a quasi vent’anni, Angelo Magni è un mito, uno dei maestri dell’essere milanese.

Allora si sentivano ancora frasi in dialetto. Per esempio nella latteria del Giacomo dove andavo qualche volta a mangiare, dentro in cucina, insieme a qualche operaio e garzone di negozio. Un’amica, che faceva la segretaria in una scuola, mi insegnò la pronuncia corretta di O mia bela Madonina, ma il mio milanese si fermò lì…

Qualche anno fa, quando finalmente ho ritrovato un po’ di tempo libero, mi sono iscritto alle lezioni di dialetto milanese alla Valvassori Peroni. A frequentare eravamo in pochi, una quindicina quasi tutti attempati, il docente era Angelo Magni. Ci conquistò tutti fin dalla prima lezione. Un quarto d’ora di regole di grammatica, poi ci faceva leggere, uno alla volta, un brano da La fattoria di animai di George Orwell, version milanesa, poi ci recitava e spiegava qualche poesia buffa o sentimentale di Porta, Maggi e autori più recenti. Sempre pronto a rispondere a ogni domanda, ad assecondare ogni nostra richiesta e iniziativa. Amico tra amici.

Nel suo libro Gh’era ona vòlta, Angelo Magni ha aperto il suo cuore. In milanese e in italiano – ogni pagina illustrata con fotografie in bianco e nero – ricorda con nostalgia com’era la vita nel vecchio borgo di Segnano, quartiere a nord-est di Milano, zona Greco, dove aveva a lungo abitato: vecchie cascine e caseggiati di ringhiera, la stazione della ferrovia e l’Osteria del Riposo, la chiesetta di Sant’Antonino, un piccolo tesoro di arte e storia con i suoi affreschi seicenteschi. La vita era dura, ma le persone si accontentavano del poco e si aiutavano.

 

Duu cèss in d’on cortil per des famili

che per mangià hinn rivaa d’ogni paes,

i pagn lavaa in di fòss ò in del Navili

e fadigà a rivà a la fin del mes.

 

Due cessi in un cortile per dieci famiglie

che per mangiare sono arrivate da ogni paese,

i panni lavati al fosso o nel Naviglio

e faticare per arrivare a fine mese.

 

Poi c’erano stati gli anni del miracolo economico, delle lotte sindacali e dei cortei delle donne: le condizioni di vita erano migliorate – televisione, vestiti confezionati, automobile – ma bisognava faticare ancora di più per mantenersi il posto di lavoro. Negli anni più recenti è cambiato quasi tutto: computer e telefonini, campi da gioco asfittici per i bambini al posto dei prati dove un tempo si correva liberi…

 

Corr el progrèss e la tecnologia

per fà meno pesant el lavorà,

i nòster di cambien fisionomia,

se vanza del temp liber de occupà,

ma riva anca la tecnomania:

fann no temp a inventai che se trann-via.

 

Corre il progresso e la tecnologia

per rendere meno pesante il lavoro,

i nostri giorni cambiano fisionomia,

si avanza tempo libero da occupare,

ma arriva anche la tecnomania:

non si fa tempo a inventarli che si buttan via.

 

 

Per concludere, due quartine dall’autoritratto di Angelo, posto all’inizio del libro:

 

Hoo faa el segretari d’avocatt,

el sbianchin, el legnamee, el barista

e fra tanti bèi mestee, el formaggiatt

e l’ultim di travaj, el camionista.

Da on quai ann hoo scopèrt la poesia

che la me fa stà foeura del baccan,

e dent la quiètta pas de la cà mia

tègni viva la lengua de Milan.

 

Ho fatto il segretario d’avvocato,

l’imbianchino, il falegname, il barista

e fra tanti bei mestieri, il formaggiaio

e l’ultimo dei lavori, il camionista.

Da qualche anno ho scoperto la poesia

che fa stare fuori dal baccano.

e dentro la quieta pace di casa mia

tengo viva la lingua di Milano

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